UN ANTIVIRUS INFORMATICO PER INTERVENIRE SULLE MALATTIE PSICOSOMATICHE, TUMORI E PATOLOGIE DEGENERATIVE
Carissimo Cesare,
non so cosa combinano con la radio terapia, i miei
metodi sono più semplici e si basano sul dialogo terapeuta- paziente,
una comunicazione rivolta al cervello dell'ammalato.
Di recente ho
trattato una signora, che per motivi di privacy non posso citare,
affetta da tumore cerebrale, si era sottoposta a radio terapia negli
Stati Uniti con una spesa di circa 50.000 Euro e il risultato è stato
quello di trovarsi con il 95% del corpo insensibile e per un anno con la
massa tumorale intatta.
Dopo quindici giorni dal il mio intervento
il tumore si è dissolto dei 3/4 e attualmente è estinto. Protebbe essere
stata una coincidenza, ma alcuni parenti della signora ritengono che il
successo sia dipeso dal mio intervento, altri e la paziente stessa
ritengono che sia dipeso dalla radio terapia fatta l'anno prima in
america. Ho provato allora con un paziente affetto da tumore al retto e
metastasi al fegato e il risultato è stato scomparsa del tumore e
riduzione del 50% delle metastasi. Potrebbe trattarsi di una seconda
coincidenza perchè il paziente si era sottoposto a chemio terapia.
Non
vorrei illudermi, ma sembra che i tumori siano le patologie più facili
da risolvere, pertanto, cerco qualcosa di più complesso: le malattie
degenerative.
Ti invio un articolo scientifico che ho pubblicato su internet e che sta riscuotendo un discreto successo.
Distinti saluti da Elia tropeano.
A cura di Elia Tropeano
L’antivirus
L’idea
di un antivirus informatico mi venne mentre studiavo un caso di
gastrite. Il paziente era certo che il suo problema non dipendesse da
cause estrinseche, in quanto seguiva un’alimentazione corretta,
conduceva una vita regolare, non faceva abuso di farmaci o di altre
sostanze, ecc.. Chiesi al signore di identificare un pensiero,
un’esperienza vissuta, un’immagine mentale o una qualsiasi
rappresentazione, anche di scarsa importanza, che poteva essere
collegata al suo problema.
Gli venne in mente la figura del dirigente
aziendale che lo riprendeva con un certo tono di voce. Domandai se tale
pensiero gli provocasse una intensificazione del disturbo gastrico:
rispose affermativamente. Lo invitai, allora, a rimpicciolire l’immagine
del dirigente e subito riferì che il fastidio si era affievolito, gli
suggerii, quindi, di trasformare il tono di voce del dirigente in quello
di un simpatico cartone animato: il disagio scomparve e a distanza di
tempo non si ripresentò.
L’episodio confermava una mia ipotesi:
esperienze passate, immagini mentali, rappresentazioni interne, ecc.
archiviate in memoria, cioè nell’emisfero destro del nostro cervello,
possono provocare nel tempo disturbi psicosomatici. Chiamai le strutture
interiori ‘agenti causali interni’ della malattia, ma non compresi la
consistenza della loro struttura e il fattore stimolante l’affezione.
Ero certo che gli ‘agenti causali interni ’ possedevano qualcosa di
anomalo. Scoprii infatti, più tardi, che essi avevano una o più
submodalità analogiche visive o auditive insolite che facilitavano la
formazione di caratteristiche alterazioni, pertanto bastava
identificarle e correggere, proprio come fanno alcuni antivirus o
programmi informatici, e ripristinare il sistema alterato.
Le
submodalità analogiche visive sono: dimensione, il colore, luminosità,
distanza, film o fotografia, ecc. delle nostre immagini interne; le
submodalità analogiche auditive sono: volume, tono, ritmo, ecc. dei
suoni o voci prodotti internamente.
Sperimentai ancora una volta la
metodica su una donna affetta da ‘rosacea’: da tempo aveva chiazze rosse
sul viso e raccontò che il problema le era comparso poco tempo dopo il
verificarsi di un’esperienza sgradevole. Consigliai alla signora di
rivedere mentalmente quella esperienza al contrario, proprio come quando
un film è proiettato alla rovescia e appena dopo constatò che il
pensiero non le dava più noia: quando si guardò allo specchio le macchie
si erano notevolmente dissolte e nel giro di pochi giorni scomparvero
completamente.
Usai la metodica su altri soggetti e la tecnica si
dimostrò efficace. Alcune persone, però, non riuscivano a trovare dei
collegamenti alle affezioni, allora feci scegliere loro esperienze a
caso e le modificammo: il procedimento funzionò su alcuni di essi,
mentre su altri si svilupparono solo dei miglioramenti. Sperimentai di
conseguenza una tecnica affine, senza che il paziente partecipasse in
modo attivo e i risultati furono più che incoraggianti; non facevo altro
che raccontare una storia inserendo qua e là delle istruzioni
antivirali di identificazione dell’agente causale interno e della sua
correzione.
Una volta raccontai la medesima storia con tono di voce
differente e la tecnica sembrò avere maggiore efficacia. Avevo inserito
involontariamente un ‘operatore modale di necessità ’ nel tono di voce e
probabilmente l’informazione era arrivata nel punto ove agiscono gli
operatori modali, cioè tra la struttura di riferimento (la somma di
tutte le nostre esperienze) registrata nell’emisfero destro, e la
struttura linguistica completa. Gli operatori modali sono fattori di
cancellazione che rimuovono intere frasi nella struttura linguistica
completa (profonda).
Provai la variante su di un ragazzo affetto da
epilessia e nel giro di una settimana le crisi scomparvero; poi su di un
signore affetto da tumore cerebrale, dopo quindici giorni la massa
tumorale si era dissolta di ¾ e dopo circa un mese era praticamente
scomparsa; in questo ultimo caso poteva trattarsi di una coincidenza
perché il paziente molto tempo prima del mio intervento si era
sottoposto a radioterapia; alcuni suoi parenti, tuttavia, sostengono che
il successo sia dipeso da me.
Non è da escludere che i tumori e le
malattie degenerative possano essere causate da zone di memoria
contenenti submodalità abnormi la cui attività provoca nel tempo effetti
patologici devastanti mettendo in ginocchio interi apparati organici e
in crisi altri sistemi. Non ho prove che le anomalie presenti in alcuni
punti della struttura di riferimento possano infettare la struttura
stessa, ciò nonostante l’idea dell’antivirus è una possibilità da
prendere in considerazione.
Per le malattie degenerative penso che la
soluzione definitiva sia quella di installare nel paziente un programma
comportamentale in grado di leggere rapidamente la struttura di
riferimento, d’identificare parti contenenti submodalità anomale,
pulirle o metterle in quarantena e proteggerla da input esterni in grado
di attivare altri siti di memoria quiescenti in essi registrati.
Si
può anche pensare ad un programma che aggiorni la struttura di
riferimento. E’ possibile che esperienze vissute, rappresentazioni, ecc.
della nostra prima infanzia contengano delle submodalità insolite.
L’esempio è quello di un adulto che visita la casa dove ha vissuto la
primissima infanzia e nota che le dimensioni delle stanze o del
giardino, ecc. sono diverse ( più piccole) di quelle rappresentate in
memoria, e pertanto da l’avvio all’aggiornamento del ricordo.
Per
quanto riguarda la progettazione bisognerebbe codificare le istruzioni
antivirali in un programma comportamentale (strategia) e installarle in
un paziente. L’istallazione dovrebbe avvenire tra la struttura di
riferimento e la struttura linguistica completa, ove agiscono gli
operatori modali e l’operatore-R che seleziona e copia i singoli stadi
dei programmi.
Per la progettazione e installazione delle strategie
(seguenze di sistemi rappresentazionali) vedi ‘Programmazione
neurolingiustica di Richard B. & company, Astrolabio, 1982 Roma’ o
mediante le modalità di programmazione vedi ‘Neuro-programmazione
digitale, Terapie istantanee, Pitagora Editrice, 2004 Bologna.
L’idea
dell’antivirus possiede qualche analogia col metodo del reimprinting di
Robert Dilts (vedi Convinzioni, 1998 Astrolabio, Roma), il suo metodo
consiste nel trovare l’imprinting, l’esperienza alla base della
patologia, prelevare risorse dallo stato presente e immetterle nella
fase d’imprinting.
In sintesi: la struttura di riferimento, cioè la
somma di tutte le nostre esperienze, produce il linguaggio, capacità,
convinzioni, creatività, ecc. da un lato e dall’altro, talvolta,
problemi psichici e somatici o gravi alterazioni psicofisiologiche.
TRASFERIMENTO INTEREMISFERICO DELLE INFORMAZIONI
Trasferimento interemisferico
Una
signora interessata al mio modello disse di avere molti problemi. Le
feci scegliere il più grave e immediatamente alzò gli occhi in alto a
destra, un’immagine costruita. Riferì di avere il problema da diverso
tempo.
Le spiegai che l’emisfero destro per memorizzare un’immagine
impiega meno di un decimo di secondo e, nonostante fosse già trascorso
quel tempo, il suo cervello non lo aveva ancora fatto.
Probabilmente,
l’immagine possedeva delle submodalità anomale che, una volta inviata
nell’emisfero destro, avrebbero generato delle somatizzazioni nel tempo e
perciò l’emisfero le aveva riconosciute e aveva impedito il
trasferimento.
Un problema, serio, sarebbe stato quello di un mancato
riconoscimento e di un invio irregolare, anche se la cosa poteva essere
risolta con un’estrazione e correzione a livello dell’emisfero
dominante e di un nuovo invio in memoria , emisfero destro.
Per
costruirsi il problema, in ogni modo, era costretta ad un certo
dispendio d’energia: doveva ripetere in qualsiasi momento della
giornata, in ogni istante, la stessa immagine, altrimenti questa sarebbe
svanita, sia perché nell’emisfero sinistro ci si trova a memoria zero
sia per l’entrata in azione di un correttore naturale.
Si trattava di
un’immagine a distanza normale, ma due elementi erano rappresentati in
modo inconsueto: la sua immagine più piccola e quella di una seconda
persona più grande del normale. Quando le feci allontanare l’immagine i
due elementi rimasero inalterati e la cosa fu insolita perché la
distanza fa diminuire le dimensioni. A quel punto le consigliai di
ingrandire la sua figura e rimpicciolire l’altra persona e subito riferì
di non avvertire più noie.
Provai a farle allontanare nuovamente
l’immagine, ma dopo aver spostato gli occhi in alto a sinistra (immagine
ricordata), spiegò di non avere più problemi. La nuova immagine,
arrivata in memoria, non le avrebbe causato conseguenze future, ma solo
un ricordo di scarsa importanza (Tratto da Elia Tropeano, Terapie
istantanee, Pitagora Editrice, 2004 Bologna, cfr. pp. 72-73).
Nota:
quando una persona sposta gli occhi in alto a destra sta costruendo
delle immagine mentali; quando li sposta in alto e a sinistra si tratta
di immagini ricordate, localizzate in memoria, cioè nell’emisfero destro
del cervello. Lo schema è valido per le persone normalmente
organizzate, per i mancini gli indizi di scansione oculari sono
invertiti.
articolo preso dal blog http://www.molecularlab.it/news/commento.asp?n=1451&p=4
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RispondiEliminaElia articolo estremamente interessante...
RispondiEliminaquindi secondo i tuoi esperimenti tutto si basa sull' aggiornare la mappa della persona cambiando alcune sottomodalità ,quindi cambiamo la struttura del passato e di conseguenza cambiamo il presente...geniale:-)
prima di iniziare a parlare con la persona e quindi prima di dare comandi diretti o indiretti ,a livello fisiologico aspetti di vedere qualche segno di uno stato alterato???
La maggior parte delle tecniche funzionano grazie allo stato alterato. La malattia, secondo me rappresenta l' errato funzionamento di qualche programma cerebrale.
RispondiEliminaIl mal funzionamento, credo dipenda dalla memoria, non inteso come ricordi, ma come complesso riguardante l'intero emisfero destro.
Possedere un ricordo bloccato a livello dell'emisfero sinistro vuol dire avere un ostacolo al normale flusso delle informazioni verso la memoria, la quale comincia a commettere errori.
Il blocco dipende da immagini, suoni o sensazioni di grandi dimensioni che non riescono ad attraversare la porta d'ingresso della memoria e pertanto rimangono sull'uscio della porta per un tempo indefinito aspettando che il soggetto ne riduca le dimensioni, ad esempio rimpicciolendo l'immagine.
Grande professore Tropeano,non finiro mai di farle i miei piu sinceri complinmenti per il suo studio e le sue osservazioni ed anche per il coraggio che ha avuto nell'affrontare ceerte tematiche,che vanno al di la della PNL.Detto questo,vorrei porre una mia personale riflessione,che viene dallo studio applicato degli stadi di coscienza alterata e dall'uso "magico" del linguaggio.Lavorando in stadio di coscienza alterato anche in ALPHA,si puo riprogrammare il cervello affinche nn avvengano mai piu errori di codifica.Se ci pensiamo un attimo,infatti ogni volta che ad un soggetto chiediamo di immaginare o di pensare qualcosa le sue onde celebrali cominciano a vibrare su frequenze diverse dalla Beta....se lì'operatore riesce a modulare la voce in un certo modo e a creare rapport grazie al ricalco del respiro,diventa tutto piu spontaneo e piu semplice,ammesso sempre che il soggetto voglia guarire davvero,perche in caso contrario,ogni terapia,ed anche lìipnosi stessa,potrebbe essere fallimentare,a meno che nn si lavori sulle convinzioni e sui valori del soggetto.
RispondiEliminaDimenticavo di dire che a volte per quello che riguarda la mia esperienza personale,la parte razionale della nostra mente potrebbe creare nn pochi problemi alla guarigione,ma grz all'uso del linguaggio e degli stati alterati di coscienza,e' possibile hackerare e crakkare successivamente la mente per arriare un naturale processo di guarigione...proprio cosi,un naturale processo di guarigione!Buon lavoro!;)
EliminaCiao Slvatore...per mia esperienza piu teorica che pratica il cambiamento ce, ma come dici tu,se la persona lo vuole veramente....in effetti se ce un vantaggio secondario la persona potrebbe non guarire definitivamente dal problema....un esempio è che ,se la persona inconsciamente ha bisogno di sentirsi importane, e per fare questo usa il problema per appagare il suo bisogno di importanza,per quante volte risolviamo la cosa, la persona poi ricadra sempre nel ciclo vizioso del problema, perche dovremmo intervenire anche a un livello di pensiero superiore,e quindi su come poter cambiare l'appagamento di importanza..
RispondiEliminaNon mi interesso da tempo di tracciati elettroencefalici.
RispondiEliminaRicordo però un episodio ove le onda alfa e beta rappresentavano un eccesso di sensazione somato viscerali.
Il soggetto che mostrò il diagramma era un epilettico.
Ho trattato con successo diversi casi di epilessia, la maggior parte erano dovuti al fatto che il soggetto possedeva un sistema primario eccessivamente cenestesico.
In certi casi l'epilessia non era altro che uno stato di autoipnosi, allora insegnavo alla persone come darsi ordini ipnotici e cologici e produttivi.
Elia come fai a darti degli ordini ipnotipi con l'autoipnosi???
RispondiEliminapoi altracosa con l'autoipnosi non si raggiunge mai uno stato profondo come se si viene guidati...mi sbaglio???
Nell'auto-ipnosi si puo benissimo raggiungere il livello theta che per la meditazione e' il piu profondo anche senza esserre guidati,pensa ai monaci buddisti e tibetani,raggiungono in meditazione lo stato theta tranquillamente.E' una questione di pratica,e di entrare nello stato mentale desiderato!;)
EliminaInteressante argomento Prof.,in relazione al fatto che cambiando il sistema modale Primario(la personalita),viene adoperata una nuova mappa,e' proprio questo che intendo io come hacking e cracking della mente razionale,operando proprio in quello stadio mentale dove tutte le trasformazioni sono possibili.Professore per favore potrebbe spiegare in dettaglio come lei e' riuscito a risolvere il problema dell'epilessia al soggetto che aveva un canale primario eccessivamente cenestetico?Grz Prof.!
RispondiEliminaInserii una strategia, mediante ancoraggio, che entrava in attività non appena il soggetto cominciava ad avvertire un segnale cenestesico.
RispondiEliminaDue volte ho utilizzato la tecnica "comunicare col sintomo" con domande tipo Si e No (durara del trattamento due o tre minuti). Ricordo che questa tecnica la utilizzai su un ragazzo di dieci anni che manifestava crisi due volte al giorno. Per me fu un successo, ma per il suo genitore l'esito positivo non dipendeva dal mio intervento, ma da un professore di Bologna che lo aveva in cura da anni.
Morale: fai un ottimo lavoro, roba che pochi al mondo sono capaci di svolgere, poi ti senti dire che è frutto di un professore. Nessun riconoscimento, nulla. Allora, ti viene voglia di abbandonare il settore. Tratti tumori cerebrali, ottieni la scomparsa della malattia e poi si crede sia dovuto da qualche grande professore.
Allora andate dai grandi professori e fatevi dire quanti sono i sopravvissuti ai tumori cerebrali. Effettivamente due li ho incontrati, ma grazie alla radioterapie erano quasi totalmente paralizzati. Uno era stato operato al cervello otto volte, non lo sapevo, ma quando me lo dissero feci i complimenti al o ai grandi professori che lo avevano operato, tuttavia il paziente morì dopo circa 15 giorni.
Non potetti far nulla, solo fare i complimenti a chi di dovere.